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PsicheNauta

Punti di vista e osservazioni dopo quasi 30anni di studio in ambito esoterico, spirituale e mitologico, mirato all'evoluzione interiore. Pubblicherò brani di antichi maestri e le mie riflessioni in merito.

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RIFLESSIONE SUL PENSARE OCCIDENTALEIl presente dell’Occidente è quello di una cultura che non ha più nessuna sede originaria ferma e sacra e che è condannata ad esaurire tutte le sue possibilità e a nutrirsi di tutte le culture (…) Il tramonto della tragedia greca era stato ad un tempo il tramonto del mito. Fino ad allora i Greci avevano ricongiunto ai loro miti tutto ciò che vivevano e lo comprendevano solo attraverso questa congiunzione: il loro presente immediato appariva … in un certo senso come senza tempoDa molto tempo ormai, la filosofia occidentale “ufficiale”, trascinata nella scia delle scienze positive, ammette soltanto due fonti del conoscere: la percezione sensibile che fornisce i dati chiamati empirici e i concetti dell’intelletto, [ovvero] il mondo delle leggi che regolano tali dati empirici. […] tra le percezioni sensibili e le categorie dell’intelletto, il “luogo” è rimasto vuoto[…] Ciò che avrebbe dovuto situarsi tra le une e le altre, vale a dire l’immaginazione attiva [Intuito] è stato infatti lasciato ai poeti o ai mistici. (…)un popolo [come anche un individuo], vale solo per quanto sa imprimere nelle proprie vicende l’impronta dell’eterno(Henry Corbin, Corpo Spirituale e Terra Celeste) Importante riflessione di Corbin sul pensare occidentale, non smettiamo mai di coltivare pensiero critico e capacità di discernimento, sono queste qualità che ci distinguono nel creato e dalle macchine che creiamo. Numen vegli... 🙏
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Se qualcuno volesse approfondire un tema tanto delicato quanto determinante come il Karma... Vi aspetto!
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Oltre alla libertà spirituale è necessario coltivare una libertà materiale, questo in vista del difficile momento storico che stiamo vivendo. L'attuale status delle comunità umane richiede un cambio di paradigma... Vi aspetto per capire i nuovi strumenti che stanno nascendo per affrontare le minacciose tempeste che si stanno palesando all'orizzonte. 🙏
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MENTE RIBELLE CAPRICCIOSA VAGABONDA La padronanza della propria mente, ribelle, capricciosa e vagabonda, è la via verso la felicità. Dhammapada Potremmo anche dire che questo verso del Dhammapada (un testo del canone buddhista), è una sorta di summa della meditazione, una semplice ma efficace frase che indica la meta di chi medita, di chi si affida a questa pratica per la propria pace interiore o per cercare un contatto col sé. Quei termini ribelle, capricciosa e vagabonda, esprimono chiaramente l’andamento giornaliero dei nostri pensieri, i moti emotivi del nostro pensare quotidiano. Quante volte vi siete trovati a inseguire la vostra mente? Quante volte avete scoperto di aver perduto un sacco di tempo in inutili divagazioni, in distrazioni prive di significato che a volte, addirittura, hanno mutato il vostro umore? Molte, moltissime e soprattutto frequenti. Non sono momenti sporadici che capitano solo poche volte nella giornata, ma purtroppo per la stragrande maggioranza del nostro tempo siamo da un’altra parte, siamo persi in pensieri che ci conducono altrove, in un mondo che non c’è mai stato, che mai ci sarà e che spesso ci mette di cattivo umore, ci fa deprimere. Ribelle: la mente è ribelle perché mai si riesce a condurla in un verso, rifiuta ogni regola e ogni situazione di pacificazione ecco perché anche il semplice atto di concentrazione diventa uno sforzo a volte di immane fatica. Capricciosa: saltella a destra e a manca senza un senso razionale, pare zampettare come un uccellino folle o balzare da un pensiero all’altro come una scimmia pazza senza il minimo senso. Un atteggiamento che, a lungo andare, procura di certo disorientamento e senso di impotenza. Vagabonda: questa in apparenza pare la qualità meno dolorosa della mente, ma in effetti è quella che la rende del tutto ingovernabile, priva di direzione. Purtroppo questa peculiarità della mente genera mondi, universi, situazioni inesistenti e alimenta quello che viene chiamato dialogo interiore. È attraverso questo chiacchiericcio: costante, incessante, incalzante che noi puntelliamo il nostro ego fornendogli la linfa vitale per mantenerlo attivo con tutte le sue contraddizioni, con tutte le problematiche che ci rendono disarmonici rispetto alla vita. La meditazione, come altre pratiche di consapevolezza, non risolvono direttamente queste situazioni, non dobbiamo caricare di troppe aspettative questa disciplina, non è una bacchetta magica che una volta acquistata risolve i problemi. I problemi, se tali possono essere considerati, nascono proprio quando si demanda, delega a questa come ad altre discipline la propria felicità. Raggiungerla o meglio lasciarla affiorare, riscoprirla, è compito nostro non della meditazione. La pratica meditativa però ha un grande, immenso pregio a mio avviso. Se ben coltivata riesce a far emergere queste distorsioni della mente, riesce a farci accorgere di come la mente si comporta. Alimenta e irrobustisce quel famoso Osservatore di cui spesso vi parlo da queste pagine. Quell’osservatore o testimone è in grado di renderci consapevoli di come la mente reattiva, priva di controllo ci guidi rendendoci, alla fine, come una sorta di automi privi di propria volontà. È in quel momento che subentriamo noi, che ci rendiamo presenti, che prendiamo il controllo se così posso esprimermi. La meditazione è una cartina di tornasole che evidenzia tutto questo, non è il rimedio, la cura, ma è di sicuro lo specchio attraverso il quale possiamo constatare come è il nostro stato interiore. Smettere di avere uno strumento ribelle, capriccioso e vagabondo è l’inizio di un sentiero di pura consapevolezza perché solo allora potremo dire di essere centrati, armonici, in pace. Numen vegli... 🙏
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LA VITA Vi invito a leggere con attenzione questo brano tratto dal testo, a mio avviso seminale, "L'oceano della Teosofia" nel quale William Q. Judge (cofondatore della Società Teosofica) pone le basi della Conoscenza Sacra, della Sophia Perennis. Ponderate su come descrive in maniera sintetica ma perfetta il concetto di Vita. Solo in questo tipo di conoscenza è possibile trovarne una così precisa descrizione: "La vita non è il risultato dell’operazione degli organi, né scompare al disfarsi del corpo. Essa è un principio universale che pervade ogni cosa. È l’oceano nel quale è immersa la terra, e penetra in ogni parte del globo, in ogni essere ed in ogni oggetto. Essa opera senza tregua su di noi ed attorno a noi, pulsando continuamente contro i nostri corpi, che pure attraversa. Quando noi occupiamo un corpo usiamo semplicemente uno strumento che è più adatto di qualunque altro per aver rapporti tanto con Prana che con Jiva. Parlando rigorosamente, Prana significa fiato; e siccome il fiato è necessario per far continuare la vita nella macchina umana, questa parola è la più adatta. Jiva significa “vita” e viene usato pure rispetto all’anima vivente, perché la vita in genere è derivata dalla Vita Suprema stessa. Jiva può quindi applicarsi in senso più generico, mentre Prana è un termine più particolareggiato. Non si può dire che ciascuno abbia una quantità stabilita di questa Energia Vitale, la quale, quando il corpo viene bruciato, torna nella sua fonte d’origine, ma piuttosto che essa e attiva in qualunque massa di materia con la quale sia unita. Noi, per così dire, la emaniamo oppure la usiamo durante la nostra vita. Giacche, tanto se siamo vivi quanto se siamo morti, l’energia vitale è sempre presente; durante la vita sostiene i nostri organi, e dopo la nostra morte continua la sua opera fra gli innumerevoli enti che hanno origine dal nostro disfacimento. Per noi è tanto impossibile sopprimere questa vita, come sarebbe impossibile far sparire l’aria in cui si libra l’uccello — come l’aria, essa riempie ogni spazio del nostro pianeta, di modo ché non ci è possibile sottrarci al suo benefico influsso in alcun luogo, né possiamo fuggire in ultimo dal suo potere annientatore." Numen vegli... 🙏
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LUCE E COSCIENZA La coscienza giunge nella luce, la luce va cercata e creata laddove le tenebre vorrebbero prevalere. Sta a ognuno di noi non far prevalere quelle tenebre che oggi, più che mai, spingono su ogni confine. Le parole di Jung non lasciano dubbi. Numen vegli...
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LA MEDITAZIONE SERVE? La meditazione è una pratica millenaria, antichissima, tracce si trovano un po’ in tutti i testi dell’antichità soprattutto nell’area orientale. Ma per quale motivo gli uomini, esplorando se stessi, hanno individuato nella meditazione una delle pratiche più efficaci per conoscersi? In alcuni testi si indica la meditazione come lo strumento principe, a volte il solo, in grado di permetterci un reale contatto con il proprio Sé interiore. Quali sono i motivi per cui sedendosi e chiudendo gli occhi ci si dovrebbe incontrare, conoscere, mentre normalmente non è così o perlomeno non accade? La risposta è tanto semplice quanto disarmante. Perché non siamo mai o, praticamente mai, presenti a noi stessi. Trascorriamo molta parte della nostra esistenza distratti, reattivi, automi rispetto agli stimoli esterni quasi che in noi si attivasse una sorta di pilota automatico come ho avuto modo di indicare in qualche altro articolo. Eppure, anche solo per buon senso, tutti noi siamo in grado di comprendere quanto sia essenziale essere presenti durante la nostra esistenza, quanto determinante trascorrere il tempo essendoci e non facendoci trasportare dai reticoli di pensieri che troppo spesso ci sequestrano portandoci via, distanti, lontano dalla realtà. Qualche esempio? Quante volte, nel corso di una singola giornata, anche un solo pensiero, un’idea, lo sguardo di qualcuno, il sorgere repentino quanto inaspettato di un ricordo ha mutato il vostro umore trascinandovi magari nello sconforto e facendo sorgere ansia, malumore, tensione o addirittura rabbia e odio? Com’è possibile che un singolo pensiero, ammantato dall’emozione che lo ravviva, lo rende vibrante, possa impadronirsi della nostra vita mutando, a volte radicalmente, quello che fino a qualche istante prima era un normale stare, un quieto vivere? Ciò è possibile per quel meccanismo che nel buddismo, ma non solo in esso, viene chiamato identificazione e cioè la totale adesione a uno dei tanti, tantissimi contenuti della nostra mente. La nostra mente prolifera senza tregua sfornando pensieri a grappolo, a volte questi prendono corpo concretizzandosi in una sorta di dialogo interiore. Un continuo chiacchiericcio che, come abbiamo già sottolineato, si impossessa di noi descrivendo il nostro mondo, sostenendolo, dando concretezza a ciò che, invece, concretezza non ha. Infatti nella stragrande maggioranza dei casi queste cascate di pensieri, questi reticoli inestricabili altro non sono che proiezioni prive di sostanza. La mente proietta mondi fantasmagorici e inesistenti ma così credibili, così perfettamente costruiti, così realistici che alla fine crediamo di più a queste costruzioni mentali che alla realtà. Molto spesso queste realtà fittizie finiscono per impadronirsi della nostra vita, guidare le nostre scelte, le relazioni con gli altri fino a farci vivere, appunto, come automi. In qualche barlume di consapevolezza eccoci inveire contro il destino crudele che ci fa vivere sempre le stesse esperienze, quando invece non ci accorgiamo che siamo noi a lasciarci letteralmente trascinare dalla corrente. Cosa possiamo fare quindi? Le pratiche di consapevolezza sono nate e si sono affinate nel corso di millenni proprio per questo motivo. Grazie agli innumerevoli saggi e maestri che ci hanno preceduto nella storia possiamo godere di questi importati insegnamenti. Quello che però quei maestri non possono assolutamente fare è camminare per noi, nessuno può fare un solo passo nel sentiero della consapevolezza al posto nostro. Ognuno ha la responsabilità della propria presenza, delle proprie scelte e di come conduce la propria vita. Sapere che questa vita è condotta come fossimo automi non è molto edificante, vero? E quindi? Forse è venuto il momento di prendersi per mano e percorrere il Sentiero che riconduce a Casa. Numen vegli... 🙏
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IL VOCABOLO MEDITAZIONE Il vocabolo Meditazione non esaurisce, come già ho avuto modo di accennare, tutti i significati e il senso più profondo invece sviscerato dalle tradizioni spirituali orientali, forse perché a quelle latitudini vi è una maggior propensione alla riflessione. Con questo non intendo semplificare in maniera banale le eventuali differenze tra le pratiche di consapevolezza orientali e occidentali che sono entrambe ricchissime di temi comuni visto che l’uomo cerca la consapevolezza da sempre. Infatti, forse ce lo dimentichiamo, nella tradizione occidentale esistono pratiche meditative efficaci e capaci di realizzare in noi un vero contatto col sé interiore. Basti far notare la meditazione esicasta dei padri del deserto o la lecio divina che, nei suoi passaggi, annovera proprio la meditatio e la contemplatio. Ed è proprio la contemplatio, per le sue qualità di silenzio e profonda riflessione, a essere più simile alle pratiche di consapevolezza orientale. Ma tant’è… tutto ciò ha poca importanza, come direbbero i maestri di questa disciplina e l’unica cosa determinante è l’esperienza, il rendere viva e vitale quest’arte, praticandola e facendola diventare una parte della propria vita personale, giorno dopo giorno. “La meditazione è l’arte della consapevolezza” diceva in un suo libro Osho, maestro orientale del secolo scorso, autore di libri e discipline adatte a noi occidentali. Ma allora cosa significa a tutti gli effetti meditare? A cosa può servire e perché dovrei mettermi seduto a gambe incrociate e a occhi chiusi con tutte le cose splendide che ci sono da fare in questo mondo? Risponderei parafrasando un maestro di Vipassana, Bhante Sujiva, che nelle sue lezioni spesso ripete che la meditazione è un atto essenziale, tra i più importanti nella vita, oppure con le parole di Jack Kerouac, il leggendario scrittore di On the road. Jack, innamoratosi delle pratiche meditative, disse: "Se fai anche solo una meditazione vera sai per sempre che non esiste nulla di meglio. Il resto è ignoranza, preoccupazione e inquietudine mentale." Anche queste però sono solo parole alla fine, sono frasi che rimbalzano nella mente e delle quali, se non viene dato corpo in forma di esperienza, non rimarrà nulla. Scopriremo presto i vari metodi, nel prosieguo dei nostri incontri mensili, ma intanto l’ideale è iniziare osservando in quali condizioni è la nostra mente. Avete mai osservato come la mente e i suoi contenuti, i pensieri, comandino quasi totalmente il nostro vivere? Di rado agiamo nella vita ma siamo agiti dagli accadimenti che ci circondano. Ciò che accade attorno a noi innesca una serie di reazioni automatiche, meccaniche direi, che altro non sono se non schemi mentali preordinati e adottati quale soluzione, ma non sono vere scelte. La stragrande maggioranza della nostra vita scorre in episodi di questo tipo, non siamo mai presenti e consapevoli a quello che facciamo. Piuttosto agiamo di riflesso, spesso senza pensare, senza essere presenti nel famoso qui e ora. Ed ecco la chiave di tutto… la presenza! Numen vegli... 🙏
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Ricordiamo John Ronald Reuel Tolkien a 50 anni dalla morte. 3/1/1892 - 2/9/1973 Rivoluzionò il mondo del fantasy e della letteratura in generale con i suoi celebri scritti: Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit, il Silmarillion... «Veniamo da Dio e, inevitabilmente, i miti da noi tessuti, pur contenendo errori, rifletteranno anche una scintilla della luce vera: la verità eterna che è con Dio. Infatti solo creando miti, solo diventando un sub-creatore di storia, l'uomo può aspirare a tornare allo stato di perfezione che conobbe prima della caduta. I nostri miti possono essere male indirizzati, ma anche se vacillano fanno rotta verso il porto, mentre il "progresso" materialista conduce solo a un abisso spalancato e alla Corona di Ferro del potere del male.» dal canale "ultimo uomo"
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IL BOOM DELLA MEDITAZIONE Le pubblicità ne sono piene, la si incontra nelle radio, nelle TV e nei giornali… personalmente non ho mai visto parlare così tanto di meditazione come in questi ultimi anni. Grazie a metodi come la Mindfulness, e alla sua capillare divulgazione, la meditazione è diventato un fenomeno che oserei definire pop, con tutti i pregi e i difetti che inevitabilmente porta con sé una tale situazione. ma come tutte le mode anche questa, per moltissime persone sarà passeggera, e non lascerà alcuna traccia. Solo chi ne intuirà le potenzialità e gli effetti possibili su di sé e soprattutto sul proprio modo di essere con se stessi e con gli altri allora non smetterà di praticare e terminerà di essere una moda o un altro modo per distinguersi in questa società. Terminata quindi questa fase di overdose da meditazione potremo continuare sulla strada della ricerca interiore, perché meditare non è semplice, per nulla. Si tratta di una disciplina che va molto, molto oltre il semplice sedersi a gambe incrociate su un cuscino rigido e molto oltre all’assumere un’aria serafica intonando un lungo OM. Avvertire l’esigenza di disciplinare la mente non è un’urgenza di chiunque, anzi tutt’altro, molti non sentono per nulla questa spinta della vita… ma se una persona avverte questo sentimento è forse giunto il momento di farsi alcune domande. Come mai la mia mente è sempre agitata? Come mai a volte mi sento in balia dei miei umori, dei sentimenti che sorgono e sui quali sento di non avere alcun controllo? Perché ci sono momenti di malinconia, di rabbia, di tristezza, di ansia che affiorano e mi sequestrano senza che possa contrastarli in alcun modo? Vivere queste situazioni richiede prima o poi una soluzione perché diventa viva l’esigenza di cercare un modo di trovare pace, centratura, consapevolezza e realizzare un’armonia interiore nella quale non sentirsi completamente in balia degli eventi esterni, trascinati da situazioni e condizioni sulle quali, fin troppo spesso, sentiamo di non avere alcun controllo. In questo la Meditazione è, a mio avviso, dopo anni di pratica e di insegnamento, lo strumento principe, la via più efficace se questa è la meta che intendiamo raggiungere.
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