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la Parola in centoparole

Mi chiamo Simone e sono un giovane sacerdote francescano. In centoparole commento il Vangelo del giorno per me e per te! Se vuoi condividere qualcosa con me mi trovi qui: [email protected]

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Lc 8,1-3 In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni. È affascinante come oggi l'evangelista Luca presenta Gesù. Egli dice che “se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio”. Mi è venuta spontanea una domanda: Chissà se venisse anche qui? Gesù vuole regalare la meraviglia del Vangelo a tutta la terra, anche a noi. Nel Vangelo lo accompagnano i Dodici e si fanno cenni anche su alcune donne. C'è posto per tutti, c'è solo una condizione: dopo aver tanto ricevuto bisogna aprirsi alla generosità. Ognuno è chiamato a mettere a disposizione i suoi beni, o meglio, se stesso, per amore del Vangelo!
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Lc 7,36-50 In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». Il perdono di Dio è l’unico argine al male, come la diga che contiene l’irrompere delle acque. Senza il perdono e la Misericordia, l’uomo cade nella rassegnazione e nella disperazione; ed è ancora più tentato a persistere nella malvagità. Se manca il perdono, non c’è futuro. Quel giorno, nella casa di Simone, accade un vero miracolo: perdonare, infatti, significa donare una vita nuova. Quello che il Vangelo racconta si ripete ogni giorno nella Chiesa di Dio. Oggi chiediamo la grazia di prepararci a vivere una santa confessione, con umiltà e fiducia, per sperimentare la forza del Suo perdono e della Sua Misericordia.
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Lc 7,31-35 In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,  abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».  Questo Vangelo mi fa pensare a tutte quelle volte che Dio mi ha mandato delle ispirazioni, delle sensazioni, e io non le ho ascoltate. Ci sono delle volte nella vita dove nulla ci smuove dal mettere in atto il nostro progetto, la nostra idea, o semplicemente quello che siamo così determinati a voler fare. Forse però conviene "porgere l'orecchio a Dio". In fondo non è così difficile, bisogna solo iniziare fin da subito la giornata in ascolto della Sua Parola. Quando poi sei in ascolto, Lui parla. Siamo ancora in tempo a diventare la generazione che ascolta Dio, per amarlo e servirlo come a Lui piace?
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Lc 7,11-17 In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante. Gesù oggi vuole davvero tentare di stupirci: davanti a questa situazione drammatica Egli prova sentimenti travolgenti, è interiormente sconvolto; va persino verso qualcuno che non l’ha pregato. In altre circostanze, erano le persone stesse a chiedergli qualcosa, ma qui nessuno gli chiede nulla e la cosa più impressionante è che la persona destinataria della sua grazia non potrebbe nemmeno chiederla, perché è morta. Gesù vuole dirci che, se glielo permettiamo, Egli ci raggiunge anche nel nostro "immobilismo", dentro le nostre morti interiori, perché si commuove e soffre quando vede che in noi non cambia più nulla. Gioiamo allora di questo Gesù che viene a noi anche se non chiamato!
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Lc 7,1-10 In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. Oggi il Signore ci insegna come guardare alla Parola di Gesù. Ciò che fa effetto è come questo centurione abbia capito che la Parola vale la presenza. Cogliessimo soltanto questa verità dalla Parola che Gesù oggi ci offre, ne avremmo quanto basta per tutta la vita. La sua Parola è presenza! Anche le parole “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, sono parole-presenza che trasformano il pane e il vino. Chiediamo al Signore che non ci sfugga la sua presenza, che non sia una presenza che non riceve nemmeno il nostro saluto. Il centurione ha suscitato la meraviglia di Gesù; anche noi vorremmo oggi stupire Gesù per come accogliamo la sua Parola.
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Gv 3,13-17 In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Non dobbiamo fraintendere la croce come l'amore quasi masochistico della sofferenza. Non si ama la sofferenza, ma si può accettare di soffrire per amore di qualcuno. Cristo è salito sulla Croce e ci ha insegnato che per amore nostro è stato disposto a tutto, anche a morire. San Pio da Pietrelcina ripeteva: “Molti vengono chiedendo di essere liberati dalla loro Croce. Nessun mi chiede come portarla”. Non sempre riusciamo a risolvere tutto ciò che ci pesa sulle spalle, ma è proprio in quel momento che invece di sentirci falliti possiamo iniziare ad amare! La differenza è nel modo con cui abbracciamo ciò che c’è dentro la nostra vita.
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Lc 6,39-42 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Siamo tutti ciechi. Non possiamo però dimenticare che tutti abbiamo una responsabilità educativa, alcuni più degli altri. I genitori hanno il dovere di consegnare ai figli le ragioni che rendono bella la vita. Una catechista ha il delicato compito di accompagnare i piccoli nella fede... e così tanti altri esempi. Sì, siamo tutti ciechi ma tutti abbiamo un compito. Non possiamo nasconderci dietro il velo della falsa umiltà. La coscienza dei nostri limiti piuttosto c’impegna a stare nella luce, per poter dare a tutti la luce di cui hanno bisogno. Questo è il più grande dono: essere fedeli discepoli di Gesù, parlare e agire come Lui, e mentre facciamo ciò Dio ci usa per aiutare il fratello!
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Lc 6,27-38 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso . Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”. Gesù, perché bisogna amare fino a questo punto? Nel Vangelo rispondi chiaramente: ama i nemici non solo perché sono figli di Dio, ma perché è Dio il primo a fare così, Lui che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi. E se ben ci pensiamo, in noi c'è sempre stato il desiderio di essere simili a Dio. Adamo ed Eva mangiarono dell'albero proibito proprio per tentare di "diventare come Dio". Ecco che il Signore, invitandoci all'amore per i nemici, trasforma questa nostra peccaminosa pretesa in una straordinaria chiamata: diventare simili a Dio comportandoci come Lui. Egli che morì per noi quando eravamo ancora peccatori. Il primo nemico amato sono stato proprio io!
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Lc 6,20-26 In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti». Mi sembra di poter leggere questa Parola alla luce di quell’espressione che Gesù ha usato con la samaritana: "se tu conoscessi il dono di Dio". Potremmo dire che le beatitudini sono quasi un’eco di quel grido: "se tu conoscessi" ed è come dire: se ascoltassi la Parola saresti ricco; perché neghi a te stesso la possibilità di realizzarti ascoltando la Parola? Beato, benedetto colui che ha compreso che la Parola è il criterio per giudicare ogni sua scelta, ogni suo pensiero. Dall’altra parte, il perdere questo riferimento corrisponde al "guai a voi". L’ascolto della Parola è dunque come fonte di beatitudine o di maledizione, di vera realizzazione o di non compimento.
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Lc 6,12-19 In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti. Dopo una notte trascorsa a pregare, Gesù sceglie i dodici. E come loro anche tutti noi veniamo scelti da Lui. Forse però è più comodo dirsi che siamo stati noi a scegliere di essere cristiani, magari influenzati dalla porzione di mondo in cui siamo nati. Ma se hai scelto tu, poi "devi". Se invece fondi la tua vita sul fatto che: "non voi avete scelto me ma io ho scelto voi", allora semplicemente "puoi". Tutto posso in colui che mi ha voluto! E quanto ti ha desiderato, quanto ti ha cercato Dio! Vali più di una notte insonne passata in preghiera. Vali la Sua stessa Vita che ha donato per te.
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