La Corte Ue multa di 2,42 mld Google per abuso di posizione dominante.
Angelo Di Lorenzo
Avvocati Liberi
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La Corte Ue, con
sentenza del 10 settembre 2024 nella causa C-48/22 P, ha confermato l’ammenda di 2,42 miliardi di euro inflitta a Google (precisamente €.2.424.495.000, di cui EUR 523.518.000 in solido con la sua controllante al 100% Alphabet) per aver abusato della propria posizione dominante favorendo il suo servizio di comparazione di prodotti.
Google è principalmente nota per il suo motore di ricerca, che consente agli utenti di Internet di trovare e di raggiungere, mediante collegamenti ipertestuali, i siti Internet che rispondono alle proprie esigenze.
I risultati delle ricerche degli utenti dovrebbero essere selezionati dal motore secondo criteri di «ricerca generale» senza che i siti ai quali essi rinviano remunerino il motore per apparire, oppure secondo criteri di «ricerca specializzata» di notizie, informazioni e offerte commerciali, per i viaggi aerei o per l’acquisto di prodotti anche attraverso la comparazione e la selezione delle offerte di venditori su Internet che propongono il prodotto cercato.
Dalla sentenza risulta che Google abusava, a partire dal 2008, della sua posizione dominante in tredici mercati nazionali (Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Svezia, Regno Unito e Norvegia), riducendo il traffico di risultati di prodotti concorrenti, contestualmente aumentando tale traffico verso il proprio comparatore di prodotti, il che poteva avere (o aveva verosimilmente avuto) effetti anticoncorrenziali sui rispettivi mercati nazionali della ricerca specializzata per la comparazione di prodotti.
In buona sostanza l’abuso consisteva nel posizionamento e nella presentazione più favorevole, all’interno delle pagine di risultati generali di Google, del proprio comparatore di prodotti rispetto ai comparatori di prodotti concorrenti; cioè Google mostrava nelle sue pagine il proprio comparatore in modo preminente e attraente in «boxes» dedicati, senza applicare ad esso gli algoritmi di «aggiustamento» applicati invece all’utenza, i cui risultati invece apparivano solo sotto forma di risultati di ricerca generale (link blu), e mai in un formato arricchito e ammiccante, restando peraltro soggetti a retrocessione nell’elenco dei risultati per opera degli algoritmi di «aggiustamento».
In diversi termini, l’Autorità giudiziaria europea ha ritenuto che Google ha riservato agli utenti ed agli inserzionisti una differenza di trattamento contraria all’articolo 102 TFUE, in quanto le pratiche controverse presentavano un carattere «attivo» che si traduceva in atti positivi di discriminazione tra il servizio di comparazione di prodotti di sponsorizzati da Google e i servizi di comparazione di prodotti concorrenti non sponsorizzati.
La Corte ricordava che l’articolo 102 TFUE non mira né ad impedire alle imprese di conquistare, grazie ai loro meriti, una posizione dominante su uno o più mercati, né a garantire che rimangano sul mercato imprese concorrenti meno efficaci di quelle che detengono una siffatta posizione, quindi sanziona non già l’esistenza stessa di una posizione dominante, ma solo lo
sfruttamento abusivo di quest’ultima
che presentava e favoriva, nelle sue pagine di ricerca generale, il proprio comparatore di prodotti rispetto ai comparatori di prodotti concorrenti.
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